L’Europa che esce fuori dalle urne dell’8 e 9 giugno è un’Unione che guarda soprattutto a destra. In Francia stravince il partito della Le Pen tanto da costringere il presidente Macron ad indire nuove elezioni. In Italia, netta affermazione di Fratelli d’Italia grazie anche al grande del carisma del suo leader, Giorgia Meloni. Nonostante ciò, tiene botta il Partito Democratico che riesce a portare a “casa” un buon risultato.
Per alcuni l’ avanzamento deciso delle destre è da leggere in maniera preoccupata, agitando spettri del passato. Altri vedono un freno al processo di coordinamento e di unificazione delle politiche comunitarie. Ma la verità potrebbe essere anche nel mezzo. Ad esempio, un’ istituzione europea percepita come un’ entità troppo lontana dove a decidere sono tecnocrati e burocrati. I più registrano poi un diffuso deficit di democrazia, considerato lo scarso peso che ha nel sistema europeo il Parlamento. Una situazione che favorisce lo schema degli Stati più forti che si “cuciono” politiche ad uso e consumo proprio, le lobby, i grandi gruppi finanziari, a tutto danno dei comuni cittadini, degli Stati che non occupano la locomotiva del treno, piuttosto i vagoni secondari, le piccole imprese.
Ed allora è possibile che il risultato elettorale possa rappresentare una richiesta che viene dal basso per riequilibrare le cose, affinché l’Unione possa essere una reale opportunità e uno spazio di libertà, ma che tuteli anche le individualità, le tipicità, le tradizioni, piuttosto che mortificarle in ragione di un egualitarismo di facciata che poi finisce per avvantaggiare sempre i soliti noti.
Su questa stessa lunghezza d’onda sembra essersi sintonizzato anche Tommaso Cerciello, presidente nazionale confederale della Conf PMI ITALIA
“La nuova tendenza emersa dalle urne conferma – afferma Tommaso Cerciello, Presidente Nazionale della Conf PMI ITALIA – la richiesta di tutela dell’ identità senza necessariamente rinnegare il concetto d’Europa. Non si può non considerare, ad esempio, per quanto concerne l’Italia, le politiche e le iniziative che hanno mortificato il “Made in Italy”. E cosa dire della farina di grilli, piuttosto che della dissennata politica di transizione energetica che non tiene conto delle reali esigenze delle imprese europee e del tempo necessario per questo tipo di trasformazioni epocali, favorendo in questo modo un Paese come la Cina che tra l’altro è tra i primi soggetti mondiali che inquinano di più, non rispettando alcuna norma. Ecco è necessario un riequilibrio delle priorità, mettendo al centro le identità dei singoli Stati in una convergenza armonica di interessi dove nessuno deve prendere il sopravvento sull’altro. E’ importante poi consolidare una posizione di maggiore incisività al Parlamento Europeo per dare più voce ai popoli e meno ai burocrati. Solo in questo modo si tornerà a credere in un’ Europa più giusta, più equa, più democratica, per le imprese e per i cittadini. Il governo in tal senso sta facendo un buon lavoro che va nella giusta direzione e con l’ottima affermazione di Fdi e del premier Giorgia Meloni si potrà registrare un nuovo corso nelle politiche europee”