Calo demografico e rischio crac INPS: il sistema pensionistico verso il punto di rottura, se non si corre ai ripari per riequilibrare il sistema

Calo demografico e rischio crac INPS: il sistema pensionistico verso il punto di rottura, se non si corre ai ripari per riequilibrare il sistema
Novembre 09 00:47 2025 Print This Article

L’Italia sta attraversando una trasformazione demografica senza precedenti, destinata a ridisegnare il mercato del lavoro e, soprattutto, la tenuta futura del sistema previdenziale. Il calo delle nascite, accompagnato da un progressivo invecchiamento della popolazione, non è più un fenomeno ciclico ma una tendenza strutturale, che incide direttamente sulla crescita economica e sui conti pubblici.

Il calo delle nascite: una spirale che indebolisce l’economia

La riduzione della popolazione in età lavorativa non è una semplice statistica: significa meno lavoratori, meno contribuenti, meno capacità produttiva e un minor gettito fiscale.
Recenti dati mostrano che la fecondità in Italia nel 2024 è scesa a 1,18 figli per donna, ben sotto il livello di sostituzione di circa 2,1. Inoltre, le nascite nel 2024 si sono attestate attorno a 370.000 — un minimo storico dall’Unità d’Italia. Questo calo prolungato ha un impatto diretto su:

  • la disponibilità di manodopera qualificata;
  • la produttività complessiva del Paese;
  • la sostenibilità di settori strategici come industria, sanità, servizi e agricoltura;
  • la capacità dello Stato di finanziare welfare e pensioni.

Le imprese stanno già sperimentando difficoltà nel reperire personale, soprattutto in ambiti tecnici, digitali e sociosanitari, mentre molte professioni tradizionali faticano a trovare ricambio generazionale. Lavori considerati “faticosi”, o percepiti come poco attrattivi, scontano un ulteriore disallineamento tra domanda e offerta.

Il governo prevederà un intervento specifico a sostegno della famiglia

Il Ministro dell’Economia, Giorgetti, ha affermato che nella manovra finanziaria è stato stanziato circa 3,5 miliardi di euro nel triennio per il sostegno alle famiglie, per il contrasto alla povertà e per la revisione dell’indicatore ISEE.

L’obiettivo dichiarato è «favorire l’accesso» delle famiglie alle misure di sostegno economico.

Nel contesto più ampio, il Governo ha posto la famiglia al centro della propria politica economica e sociale, includendo tra le misure interventi quali: l’Assegno unico e universale per i figli a carico (fino a 21 anni), nonché misure dirette a sostenere reddito e servizi per nuclei più numerosi o in difficoltà.

È inoltre richiamato l’impegno trasversale dei dicasteri a collaborare sul tema della natalità e del welfare familiare.

Immigrati: una risorsa strutturale, non emergenziale

In questo contesto, il contributo lavorativo degli immigrati non è marginale: rappresenta una quota crescente della forza lavoro in diversi settori, spesso quelli che oggi soffrono maggiore carenza. Immaginare l’immigrazione solo come fenomeno emergenziale è un errore strategico.
L’apporto degli stranieri non si limita ai settori a bassa qualificazione: sempre più immigrati intraprendono percorsi universitari, lavorano nella sanità o avviano attività imprenditoriali.
A livello previdenziale, i contributi dei lavoratori stranieri rappresentano una componente essenziale per mantenere in equilibrio il sistema, perché aumentano il numero dei contribuenti attivi in un Paese dove gli over-65 superano ormai nettamente i giovani.

Senza un apporto migratorio regolato, stabile e integrato, il divario generazionale rischia di diventare insostenibile.

Il rischio per il INPS: un sistema sotto pressione

Il sistema pensionistico italiano è basato sul metodo a ripartizione: le pensioni attuali vengono pagate con i contributi dei lavoratori attivi. INPS+1 Questo significa che, se i lavoratori diminuiscono e i pensionati aumentano:

  • il rapporto tra contribuenti e percettori peggiora;
  • crescono gli oneri per lo Stato;
  • diventa complicato mantenere l’attuale sistema senza riforme strutturali.

La spesa per pensioni in Italia è storicamente elevata: dall’equilibrio della metà del secolo scorso si è passati a quote sopra il 15 % del PIL in passato. Le proiezioni demografiche europee indicano che la popolazione in età lavorativa nel nostro Paese potrebbe contrarsi sensibilmente nei prossimi decenni.

La sostenibilità a lungo termine richiede un mix di interventi:

  • politiche familiari che favoriscano le nascite, realmente efficaci e non frammentate;
  • ingresso regolato di nuova forza lavoro straniera;
  • riqualificazione dei giovani e degli adulti;
  • maggiore partecipazione femminile al lavoro;
  • incentivi all’innovazione per aumentare la produttività.

Senza una strategia coerente, il rischio è che, nel medio-lungo periodo, la pressione sul sistema previdenziale aumenti fino a mettere in difficoltà la possibilità stessa dell’INPS di garantire le prestazioni future.

Il futuro si decide ora

La combinazione tra denatalità, carenze nel mercato del lavoro e rapido invecchiamento della popolazione non è una “crisi improvvisa”, ma un processo che l’Italia conosce da anni. Ciò che è cambiato, oggi, è la velocità e la convergenza di questi fenomeni.

Il vero nodo da sciogliere è culturale ed economico: comprendere che demografia e lavoro non sono temi separati, ma parti dello stesso equilibrio. Un Paese che non genera nuovi lavoratori, che non valorizza il capitale umano e che non integra chi arriva dall’estero è un Paese che rischia di non poter garantire il proprio welfare.

La sfida è aperta. E il tempo per affrontarla non è indefinito.

 

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