L’Italia sta attraversando una trasformazione demografica senza precedenti, destinata a ridisegnare il mercato del lavoro e, soprattutto, la tenuta futura del sistema previdenziale. Il calo delle nascite, accompagnato da un progressivo invecchiamento della popolazione, non è più un fenomeno ciclico ma una tendenza strutturale, che incide direttamente sulla crescita economica e sui conti pubblici.
Il calo delle nascite: una spirale che indebolisce l’economia
La riduzione della popolazione in età lavorativa non è una semplice statistica: significa meno lavoratori, meno contribuenti, meno capacità produttiva e un minor gettito fiscale. Recenti dati mostrano che la fecondità in Italia nel 2024 è scesa a 1,18 figli per donna, ben sotto il livello di sostituzione di circa 2,1. Inoltre, le nascite nel 2024 si sono attestate attorno a 370.000 — un minimo storico dall’Unità d’Italia. Questo calo prolungato ha un impatto diretto su:
Le imprese stanno già sperimentando difficoltà nel reperire personale, soprattutto in ambiti tecnici, digitali e sociosanitari, mentre molte professioni tradizionali faticano a trovare ricambio generazionale. Lavori considerati “faticosi”, o percepiti come poco attrattivi, scontano un ulteriore disallineamento tra domanda e offerta.
Il governo prevederà un intervento specifico a sostegno della famiglia
Il Ministro dell’Economia, Giorgetti, ha affermato che nella manovra finanziaria è stato stanziato circa 3,5 miliardi di euro nel triennio per il sostegno alle famiglie, per il contrasto alla povertà e per la revisione dell’indicatore ISEE.
L’obiettivo dichiarato è «favorire l’accesso» delle famiglie alle misure di sostegno economico.
Nel contesto più ampio, il Governo ha posto la famiglia al centro della propria politica economica e sociale, includendo tra le misure interventi quali: l’Assegno unico e universale per i figli a carico (fino a 21 anni), nonché misure dirette a sostenere reddito e servizi per nuclei più numerosi o in difficoltà.
È inoltre richiamato l’impegno trasversale dei dicasteri a collaborare sul tema della natalità e del welfare familiare.
Immigrati: una risorsa strutturale, non emergenziale
In questo contesto, il contributo lavorativo degli immigrati non è marginale: rappresenta una quota crescente della forza lavoro in diversi settori, spesso quelli che oggi soffrono maggiore carenza. Immaginare l’immigrazione solo come fenomeno emergenziale è un errore strategico. L’apporto degli stranieri non si limita ai settori a bassa qualificazione: sempre più immigrati intraprendono percorsi universitari, lavorano nella sanità o avviano attività imprenditoriali. A livello previdenziale, i contributi dei lavoratori stranieri rappresentano una componente essenziale per mantenere in equilibrio il sistema, perché aumentano il numero dei contribuenti attivi in un Paese dove gli over-65 superano ormai nettamente i giovani.
Senza un apporto migratorio regolato, stabile e integrato, il divario generazionale rischia di diventare insostenibile.
Il rischio per l’ INPS: un sistema sotto pressione
Il sistema pensionistico italiano è basato sul metodo a ripartizione: le pensioni attuali vengono pagate con i contributi dei lavoratori attivi. Questo significa che, se i lavoratori diminuiscono e i pensionati aumentano:
La spesa per pensioni in Italia è storicamente elevata: dall’equilibrio della metà del secolo scorso si è passati a quote sopra il 15 % del PIL in passato. Le proiezioni demografiche europee indicano che la popolazione in età lavorativa nel nostro Paese potrebbe contrarsi sensibilmente nei prossimi decenni.
La sostenibilità a lungo termine richiede un mix di interventi:
Senza una strategia coerente, il rischio è che, nel medio-lungo periodo, la pressione sul sistema previdenziale aumenti fino a mettere in difficoltà la possibilità stessa dell’INPS di garantire le prestazioni future.
La posizione di Conf PMI ITALIA
Sulla questione si mostra preoccupato Tommaso Cerciello, Presidente Conf PMI ITALIA. “Bene il sostegno alle famiglie da parte del governo – afferma Cerciello – occorre mettere in campo nel tempo uno sforzo maggiore perché un calo demografico di questo tipo è drammatico e rischia seriamente di far saltare il sistema. Anche noi come Confederazione daremo il nostro contributo per rendere sempre più conciliabile la genitorialità con il lavoro. E’ tempo come diceva Luciano De Crescenzo di vivere la vita non solo in lunghezza ma anche e soprattutto in larghezza, migliorandone la qualità”
Il futuro si decide ora
La combinazione tra denatalità, carenze nel mercato del lavoro e rapido invecchiamento della popolazione non è una “crisi improvvisa”, ma un processo che l’Italia conosce da anni. Ciò che è cambiato, oggi, è la velocità e la convergenza di questi fenomeni.
Il vero nodo da sciogliere è culturale ed economico: comprendere che demografia e lavoro non sono temi separati, ma parti dello stesso equilibrio. Un Paese che non genera nuovi lavoratori, che non valorizza il capitale umano e che non integra chi arriva dall’estero è un Paese che rischia di non poter garantire il proprio welfare.
La sfida è aperta. E il tempo per affrontarla non è indefinito.