L’agricoltura è importante oggi quanto lo era in passato? Le statistiche commerciali considerano l’agricoltura soltanto un’attività economica. L’agricoltura intesa come stile di vita, come patrimonio, come identità culturale, come antico patto con la natura, invece, non ha prezzo.
Viviamo in un tempo in cui la velocità dei cambiamenti è elevata e se fino a qualche decennio fa il ruolo dell’agricoltura sembrava essersi concentrato nella sua esclusiva capacità di produrre alimenti o materie prime per l’alimentazione umana, oggi stiamo vivendo una fase di diversificazione orientata verso altre funzioni.
L’agricoltura non produce più solo cibo. D’altro canto, in un passato ormai lontano, essa era al centro di quasi tutte le attività umane: produceva prodotti agricoli, ne trasformava alcuni in alimenti (per conservarli nel tempo), produceva anche altre materie prime, come legname da riscaldamento, preparava manufatti, tessuti, abiti, beni strumentali.
“Ma le sue funzioni si sono poi estese dalla produzione di beni sino a coinvolgere anche altre attività. Oltre alla produzione di alimenti e fibre l’agricoltura può modificare il paesaggio, contribuire alla gestione sostenibile delle risorse, alla preservazione della biodiversità, a mantenere la vitalità economica e sociale delle aree rurali. Così l’agricoltore, da gestore del fondo, diventa anche gestore dell’ambiente e del territorio”. Questo affermava l’OCSE nel suo Rapporto del 1998, a cui seguiva la riforma Fischler nel 2003.
La Riforma Fischler ha fatto sì che le imprese agricole, piccole o grandi, diventassero destinatarie di pagamenti unici diretti, calcolati in modo diverso sulla base di pagamenti ricevuti nel corso di un periodo storico di riferimento o sulla base di una media di pagamenti effettuati in una regione o in uno Stato membro.
Tali pagamenti sono condizionati, tuttavia, al rispetto di standard ambientali e di protezione degli animali, di sicurezza alimentare e di sicurezza sul posto di lavoro, di buone condizioni agronomiche ed ecologiche (cross compliance)
Il modello agricolo europeo sta vivendo dunque una forte evoluzione dal modello d’agricoltura familiare ad un modello d’impresa dove innovazione e nuove idee imprenditoriali sono la chiave del successo.
Questo intenso processo di innovazione è caratterizzato da nuovi metodi di produzione e nuovi tipi di collaborazione, oltre che nuovi prodotti e servizi da offrire a tutta la collettività.
L’agricoltore di oggi non deve solo perseguire l’obiettivo di ridurre le spese, ma anche di analizzare la possibilità di differenziare meglio la sua produzione, con l’obiettivo di ottenere una maggior competitività sui mercati, rispondendo al meglio alle attese dei consumatori e della società europea.
E’ sempre più evidente quindi l’esigenza di trovare e mettere in campo tutti gli strumenti che possano favorire l’insediarsi nel nostro settore di persone e di nuove professionalità, che possano agevolare lo sviluppo e l’innovazione di un’agricoltura estremamente necessaria nei territori rurali europei.
Un’agricoltura capace di essere componente essenziale e fonte di ricchezza del territorio in cui opera.
Un’agricoltura capace di essere multifunzionale e in grado di offrire al territorio rurale beni e servizi che derivano dalle sue funzioni economiche, sociali ed ambientali.
Ecco perchè se si guarda all’ agricoltura, sembrano aprirsi interessanti opportunità sia per chi cerca un’occupazione nelle diverse professionalità collegate alla filiera, che vanno ben oltre i servizi e prodotti tradizionali collegati all’attività di coltivazione e allevamento, sia per chi vuole seriamente intraprendere iniziative innovative, come dimostra l’aumento del numero di imprese individuali condotte da under 35. Su quest’ultimo aspetto, la Coldiretti conferma come l’Italia rappresenti il Paese leader in Europa per giovani che si avvicinano al settore dell’agricoltura.
Un interesse crescente che si traduce in profonde innovazioni con multi-attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, etc.
Ed è qui che si introduce a pieno titolo una interessante misura adottata dal Governo per sostenere iniziative volte a valorizzare e riqualificare i beni non utilizzati nelle regioni del Mezzogiorno: la “Banca delle terre agricole”.
La Banca nazionale delle Terre Agricole è un inventario di terreni agricoli, già coltivati e quindi in grado di produrre reddito fin da subito, che vengono assegnati tramite una procedura di vendita all’asta semplice e trasparente, gestita digitalmente su una piattaforma dedicata.
Lo strumento favorisce l’incontro tra la domanda e l’offerta di terra e promuove una maggiore mobilità fondiaria, garantendo ai giovani agricoltori condizioni di vendita agevolate.
L’idea è affidare terreni abbandonati, incolti ed aree edificate ad uso industriale, artigianale, commerciale, turistico-ricettivo a giovani che vogliono avviare imprese agricole per produzioni di qualità. Uno stimolo a un settore, quello dell’agricoltura, che in Italia (come detto) sembra non conoscere crisi.
Attraverso la Banca è inoltre possibile dare evidenza e pubblicizzare tutte le informazioni relative alle caratteristiche naturali, infrastrutturali e strutturali dei terreni inclusi nella lista, i dati relativi alle condizioni di acquisto e vendita o di cessione dei terreni, ma anche le possibilità di accesso alle eventuali agevolazioni disponibili.
Ad “aprire le danze” è stato l’ente pubblico Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), che ha da tempo aperto uno sportello telematico per la vendita dei terreni di sua proprietà, da destinare in via preferenziale ai giovani. Questo perché la disponibilità di terra è stata individuata come un elemento cardine nella crescita e nello sviluppo delle imprese agricole gestite appunto dagli under 35.
Ed in questo scenario i giovani agricoltori europei hanno dimostrato, nonostante le difficoltà congiunturali e strutturali del settore nell’ultimo decennio, di avere le capacità e le potenzialità per contribuire alla costruzione di un modello agricolo europeo diversificato, competitivo, innovativo, multifunzionale e sostenibile.
Un modello che ha il territorio rurale e la comunità rurale al suo centro, dove l’agricoltura ne rappresenti la spina dorsale e non il fardello insostenibile, dove l’integrazione intersettoriale in termini di risposta alle esigenze della società sotto il profilo economico, ambientale e sociale, si svolga su un piano paritario ma rispettoso delle funzioni proprie di ciascun settore.
È stato coniato un termine per descrivere quello che è nato come un fenomeno di nicchia e che negli ultimi anni è diventato un trend strutturato: la corsa degli under 35 alla terra. Tra insoddisfazione generazionale, mancanza di opportunità lavorative e precarizzazione crescente, per molti giovani l’agricoltura è diventata uno stimolo, la via d’uscita a un contesto socio-economico tetro. Sono nati così i Millennial farmers.
Un binomio, dunque, quello “giovani – terra” che funziona e mostra come l’agricoltura sia sempre più un settore strategico e abbia un ruolo determinante anche dal punto di vista occupazionale.
Non si tratta, quindi, di prendere la zappa e la vanga per accingersi a dissodare i terreni, ma è la presa di coscienza del fatto che l’agricoltura, che è stata dai tempi dei tempi l’attività primaria dell’uomo.
L’agricoltura, quindi, torna di moda, diventa attraente per le giovani generazioni.
Nel momento in cui milioni di persone sono state o si sono auto “confinate” a casa e lavorano a distanza, il lavoro nei campi necessita di una presenza umana imprescindibile, sia pur mediata da strumenti che non hanno niente da invidiare ad altri settori produttivi.
Ed è forse questo, in questo particolarissimo momento, a rendere questo “vecchio” settore un ” nuovo percorso da intraprendere”.
di Giusy Miccoli