Favorire il ricambio generazionale in Agricoltura. E’ questo l’obiettivo di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) per favorire lo sviluppo di aziende agricole, guidate da giovani agevolando in questo modo lo svecchiamento del comparto
Ma chi è considerato giovane?
Per giovani si intendano gli imprenditori che abbiano un’età compresa tra i 18 e i 40 anni, sia in forma singola che associata: in questo caso la società deve essere composta di oltre il 50% di soci giovani, che detengano almeno il 50% delle quote societarie.
Quali sono i riferimenti normativi?
Decreto ministeriale 18 gennaio 2016 e Decreto ministeriale 28 febbraio 2018, più noto come decreto «Resto al Sud». L’aiuto deve quindi essere ben inquadrato, a seconda che si tratti di richieste per il subentro aziendale, ossia quello in cui un giovane o una società intende sostituirsi nella conduzione di un’azienda agricola esistente da almeno due anni, oppure di ampliamento di aziende agricole esistenti, sempre condotte da giovani.
Particolarmente interessanti le agevolazioni nel Sud Italia
Nelle regioni di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, il giovane ha a disposizione un contributo a fondo perduto pari al 35% dell’investimento e un mutuo agevolato a tasso zero che copra il 60% del progetto. Restano quindi a suo carico in autofinanziamento solamente il 5% delle spese dell’intero progetto. Nelle restanti regioni del centro-nord del Paese, invece, è possibile richiedere solamente il mutuo agevolato, sempre a tasso zero, ma fino al 75% della spesa prevista.
Quali sono gli investimenti ammissibili?
Modalità di presentazione delle domande
Le domande sono con procedura “a sportello”ed esclusivamente con sistema telematico su un portale dedicato accessibile dal sito Ismea. Non ci sono punteggi o priorità, ma è necessaria una precisa e puntuale descrizione del progetto con un “agri-business plan” che ne dimostri la concreta a sostenibilità economica e finanziaria
L’obiettivo del ministero è quello di non finanziare imprese in difficoltà (come da normativa Ue), ma solamente progetti di sviluppo validi presentati da giovani che continuano a credere nell’agroalimentare.