In questa fase storica viviamo una forte contrapposizione tra le istituzioni europee e l’Italia a causa della manovra economica. E’ preoccupato di questa situazione?
Le frizioni sulla manovra economica sono solo uno dei tanti aspetti di un problema più ampio che riguarda il nostro rapporto con l’Unione europea. Fino a quando si continueranno a scaricare su Bruxelles le colpe di Roma non andremo da nessuna parte. È un gioco buono solo per confondere ed ingannare gli elettori. La web-democrazia degli ultimi anni guarda alle prossime elezioni e non alle prossime generazioni. Il nostro futuro, così come il nostro passato, è all’interno della cornice europea. Tentare di spostare indietro le lancette della storia è un atteggiamento miope e pericoloso
Lo spread torna a veleggiare su livelli allarmanti. Quanto sta accadendo è solo frutto di eventi contingenti o lo spettro di una rinnovata sfiducia circa la credibilità finanziaria del nostro Paese?
Tutte e due le cose, temo. È chiaro che quando si ha un debito pubblico di oltre duemila miliardi di euro i margini di manovra si restringono. Abbiamo una moneta comune, operiamo in un mercato comune e in quadro economico in rapido mutamento: è normale che l’attenzione dei mercati finanziari sia particolarmente alta. Ma non credo sia questo l’aspetto più importante. Il nostro Paese è pur sempre una grande potenza industriale e un membro fondatore dell’Unione Europea. Quello che preoccupa, più che la credibilità finanziaria, è quella politica, ossia la nostra volontà di rispettare gli impegni assunti a Bruxelles
Per anni in Europa è prevalsa la linea dell’austerity che ha determinato non poche difficoltà. Le politiche espansive come si conciliano con l’equilibrio e la stabilità dei conti pubblici?
Non sono mai stato un sostenitore dell’austerità ad ogni costo, ma è evidente che occorre conciliare l’esigenza di stimolare al meglio l’economia senza compromettere la tenuta finanziaria dei Paesi. Da questo punto di vista la manovra espansiva della BCE ha aiutato in maniera decisiva l’intera eurozona: il quantitative easing, voluto da Mario Draghi ha ridato quella spinta fondamentale per uscire dalla crisi e far ripartire l’economia. Ora tocca ai singoli Stati fare in modo che il rilancio produttivo ed economico diventi strutturale. E certamente fare ulteriori debiti non è il modo migliore per agganciare il treno della ripresa
Siamo alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Gli “euroscettici” sono sempre più in crescita: il sogno dell’Unione è sul viale del tramonto?
Spero proprio di no, sarebbe un danno enorme non solo per il nostro Paese ma per l’intero continente. Certamente l’euroscetticismo è un fenomeno in espansione per tante ragioni, alcune giuste, molte altre sbagliate. Ma non dobbiamo commettere l’errore di sottovalutare il malcontento dei cittadini: se si sbaglia la diagnosi sbaglieremo anche la cura, ed è un rischio che non possiamo permetterci. Detto questo, penso che l’Europa abbia superato ben altre crisi nel corso della sua storia. Ma c’è bisogno di lavorare sodo per recuperare la voglia di progettare un futuro comune, a misura di cittadino. I movimenti euroscettici fondano le loro fortune elettorali sulla paura ma non hanno una vera a propria ricetta politica autonoma.
Cosa bisogna fare per recuperare la fiducia dei cittadini?
Quando i padri fondatori avviarono il processo di integrazione europea, lo fecero in un momento in cui il continente era ancora sotto le macerie della guerra. Avevano un obiettivo chiaro, preciso, cristallino: abolire la guerra dal continente attraverso la cooperazione – economica prima, politica poi – tra gli Stati che fino al giorno prima si erano combattuti sui campi di battaglia. Una visione geniale, una scommessa visionaria che però ha avuto la capacità di entrare nella mente e nei cuori dei cittadini di tutta Europa. Ecco, occorre ripartire da qui. Dobbiamo avvicinare di più i cittadini alle istituzioni, coinvolgerli nella costruzione di un futuro comune. Stare insieme non è soltanto opportuno e vantaggioso, ma è anche l’unico modo per affrontare le sfide di un mondo sempre più globalizzato. C’è qualcuno che pensa di poter risolvere da solo problemi come l’immigrazione o il cambiamento climatico?
La Confederazione PMI ITALIA, presieduta da Tommaso Cerciello, è da sempre al fianco delle imprese che nonostante le profonde difficoltà storiche, rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana. In tal senso, come l’Europa rappresenta un’opportunità di tutela e di crescita?
Sono eurodeputato e membro della Commissione industria, ma sono soprattutto un cittadino del Sud e un imprenditore. Conosco bene, quindi, il valore delle nostre imprese e le difficoltà che devono affrontare quotidianamente. Da questo punto di vista l’Unione europea è molto più che una semplice opportunità. L’attenzione di Bruxelles per le Pmi è presente in quasi ogni aspetto della vita istituzionale dell’Ue. Basti pensare a COSME, il programma dedicato ad incrementare la competitività della piccola e media impresa. Oppure all’introduzione della direttiva 2011/7, che obbliga le pubbliche amministrazioni al pagamento dei fornitori entro un massimo di 60 giorni. Per non parlare dei fondi destinati allo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno: nei giorni scorsi, ad esempio, l’Ue ha stanziato 438 milioni di euro per finanziare 5 progetti destinati alla città di Napoli. Sono solo alcuni esempi, ovviamente. Ma credo sia utile riportarli per sottolineare l’importanza, per le nostre Pmi, di inserirsi in una dimensione sempre più europea
di Antonio D’Ascoli