Ricordate il leghista Zaia, ministro delle politiche agricole con il defunto governo Berlusconi, quale sgarbo compì ai danni del Sud facendo inserire nel trattato commerciale con il Canada tre oli d’oliva veneti protetti su tre e zero al Sud? Quel Veneto che gli olivi li vede in cartolina e produce una quantità di olio prossima allo zero. E’ lo stesso Zaia che ha definito una “vergogna” lo stanziamento di 250 milioni di euro per gli scavi di Pompei. Successivamente, non è andata meglio alle eccellenze agricole e agroindustriali del Mezzogiorno: nell’accordo con la Cina la quasi totalità dei prodotti inseriti nel trattato commerciale sono del Nord.
Nell’attuale accordo di governo Lega-Cinquestelle, quello dove la parola Sud non esiste, quello dove il divario Nord-Sud si è eclissato, quello dove la Questione Meridionale è un termine desueto, né più né meno che nei precedenti governi degli ultimi 25 anni, l’agricoltura del Sud potrebbe nuovamente essere soggetta alle mire della Lega, quella Nord, che Nord finge di non essere più.
Una circostanza che dovrebbe far accapponare la pelle a qualsiasi meridionale di qualsiasi estrazione sociale, di qualsiasi tendenza politica. Una prospettiva naturale se proveniente dal mondo della Lega, molto meno se accettata da una forza come i Cinquestelle che ha preso al Sud il 50% dei consensi.
Evidente la volontà di perseguire la linea politica ed economica che ha portato agli ultimi accordi internazionali siglati dall’Unione Europea e accettati dal parlamento italiano. Accordi che pesano come macigni sull’economia e sull’agricoltura del Sud. Accordi che costituiscono uno scandalo, una vergogna nazionale fra le tante, la prova resistente a qualsiasi tipo di retorica populista che non esistono da almeno due decenni politiche di sviluppo per il Mezzogiorno, mentre l’Italia veniva gestita da governi a trazione leghista o nord-centrica.
E visto che i grandi media nazionali sono reticenti sulle tematiche che riguardano il Sud, come dimostrano i dati del prof. Stefano Cristante, docente di sociologia dei processi comunicativi, tocca a noi ricordare nuovamente la natura degli accordi commerciali siglati con importanti partner commerciali quali il Canada e la Cina.
Non era bastato a penalizzare il Meridione l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Canada, approvato dal parlamento nazionale. Un accordo che metteva a dura prova i nostri prodotti tipici di qualità a filiera corta e a 0 km, favorendo, come al solito, la grande industria, la grande distribuzione e la speculazione finanziaria. Un accordo, definito CETA, basato sull’esportazione per il 90% di prodotti agricoli del centro- nord. Infatti, su 291 prodotti alimentari europei protetti esportati in Canada, ben 41 erano italiani DOP (denominazione di origine protetta) e IGP (indicazione geografica protetta), dei quali però solo 5 del Sud. Sottintesa, o finanche troppo chiara, l’esigenza del Canada di esportare grano in Italia devastando la granicoltura del Sud.
Non era bastato! Perché nell’accordo di libero scambio e protezione di prodotti dell’UE con la Cina, ben 26 prodotti DOP e IGP su 100 erano italiani: un ottimo risultato per il Nord; peccato che fosse ancora una volta pessimo per il Sud con la sola mozzarella di bufala campana inserita per le regioni meridionali.
A chi importa se, a titolo di esempio, il sicilianissimo e pregiato pomodoro di Pachino non ha nessuna tutela e viene lasciato nei campi, mentre sulle nostre tavole dominano il pomodoro cinese e quello africano?
E il nostro olio, il nostro vino, i nostri agrumi?
E i nostri contadini che non ce la fanno a reggere la concorrenza sleale, che abbandonano le terre, le svendono a quattro soldi e poi emigrano?
Uno scandalo, e un vero e proprio disastro per l’agricoltura del Sud, che il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina – ora contrastato reggente del PD – non ha voluto modificare, non essendosi opposto alle indicazioni del predecessore leghista Luca Zaia.
No, non basta mai! Quando si tratta del Sud non c’è mai fine al peggio.
E allora? Deluso da tutti i partiti nazionali, al Sud non resta che ripartire dalle proprie forze, alla ricerca di una percorso tutto da costruire per inseguire orgogliosamente il sogno di un riscatto che si allontana sempre più.
di Michele Eugenio Di Carlo