In poco più di 8 mesi il Covid-19 si è trasformato da influenza stagionale, a primo caso di guerra batteriologica di portata globale.
E’ illusorio pensare che questa esperienza possa limitarsi a diventare una “favola della buonanotte” raccontata ai propri nipoti da chi l’ha vissuta. Ripercussioni di carattere economico – in ambito finanziario e industriale – sono già in fase di elaborazione.
Il 2020 delle PMI, secondo la stima della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, rischia di chiudersi con un milione di posti di lavoro bruciati : una contrazione degli organici di circa il 10%. L’indagine ci consegna uno scenario che impone una riflessione ampia su come evitare il peggio, ovvero la chiusura di quelle aziende che grazie agli interventi della primavera hanno cercato di resistere.
Non è da escludere che, in uno slancio di vera visione a lungo termine, qualcuno si renda conto che è meglio abbandonare del tutto la strada dell’individualismo, della gestione familiare, della piccola dimensione modello “fabrichetta” e quindi provare esperienze come accorpamenti e joint venture.
Ci sono buone ragioni per pensare che le imprese torneranno ai livelli di fatturato pre-covid non prima di due anni, considerando a questo punto il 2021 come un anno di transizione. Solo con una strategia comune e obiettivi chiari sarà possibile uscire prima dalla crisi sanitaria, sociale ed economica in cui tutto il Paese è coinvolto.
di Fabio D’Amora