Microplastiche, ciascuno di noi ingerisce circa 100 000 particelle l’anno

Microplastiche, ciascuno di noi ingerisce circa 100 000 particelle l’anno
Dicembre 12 17:03 2019 Print This Article

In media ingeriamo 250 grammi di frammenti di plastica ogni anno semplicemente bevendo acqua o tramite il cibo. O ancora, per essere più precisi, sono 1.769 particelle di microplastica a settimana che entrano inevitabilmente nel nostro organismo. La produzione rischia di triplicare al 2050, a meno di un cambio radicale nelle politiche e negli stili di consumo. “No plastic in nature: assessing plastic ingestion from nature to people” è il titolo dello studio pubblicato lo scorso giugno dall’Università di New Castle, Australia, e commissionato dal WWF Il lavoro, che è una revisione scientifica di 52 precedenti studi sul tema, al momento è in fase di peer-review ed è il primo ad elaborare una stima del peso delle microplastiche che entrano nell’organismo, un passo importante per conoscere gli effetti di questo tipo di residuo sulla salute umana. Lo scopo era quello di stimare la quantità di microplastiche ingerita mediamente dall’uomo. Il contesto nel quale si inserisce la ricerca è quello in cui si cerca di abbandonare questo materiale, con scarso (o al limite impercettibile) successo.

Secondo quanto riportato nell’articolo, dal 2000 il mondo avrebbe prodotto una quantità di plastica pari a tutta quella prodotta durante gli anni precedenti. Di tutta la produzione circa un terzo finisce in natura: nel 2016 i rifiuti in plastica hanno raggiunto le 100 milioni di tonnellate. A tutto questo si va ad aggiungere poi la cattiva gestione dei rifiuti, per cui la situazione è ancor più compromessa. Infatti, l’87% dei rifiuti mal gestiti, le cui cause possono ricercarsi nello scarico diretto in natura o nello smaltimento in discariche non controllaate, sfocia in inquinamento ambientale.

Ma cosa sono le microplastiche? Sono particelle di plastica caratterizzate da una dimensione massima di 5 mm  e da una dimensione minima variabile, ma orientativamente dell’ordine di micrometri. La pericolosità relativa alla loro ingestione sta nel rischio di poter rappresentare dei contaminanti per l’organismo umano, e non solo. Secondo lo studio “Microplastics in drinking water”, pubblicato quest’anno dalla World Health Organization, le microplastiche rappresenterebbero «una sfida unica alla difesa della salute dell’uomo». Infatti, anche se i polimeri che sono alla base delle microplastiche non sono di per sé tossici, potrebbero però contenere additivi pericolosi, oppure potrebbero essere contaminate da altre sostanze chimiche provenienti dall’ambiente esterno e per tanto incrementare il rischio per la salute.

I ricercatori australiani hanno stimato un consumo di plastica vicino alle 100 000 particelle all’anno, che consisterebbero approssimativamente in 5 g alla settimanal’equivalente di una carta di credito. Ma da dove viene tutta questa plastica? In larga parte ne ingeriamo grazie all’acqua che beviamo, infatti questa rappresenta la massima causa di ingestione di microplastiche (sia essa di rubinetto o imbottigliata). Un’altra abbondante fonte di microplastiche è rappresentata inoltre dai crostacei, che contano per circa 0,5 g a settimana.

Il contributo dell’inalazione è significativamente minore. In questo caso, però, a fare la differenza è il contesto in cui ci si trova: l’aria degli ambienti interni potrebbe essere addirittura più inquinata dell’aria esterna. Questo accade, ad esempio, in ambienti particolarmente polverosi oppure in presenza di tessuti sintetici o, peggio, in luoghi scarsamente areati. Si potrebbe quasi dire che, in qualsiasi caso,  la plastica sia onnipresente nell’aria che respiriamo: tracce sono state rilevate addirittura in cima ai Pirenei, come riportato nello studio, pubblicato sempre nel 2019, “Atmospheric transport and deposition of microplastics in a remote mountain catchment”, di S. Allen.

wwf.it

Quali sarebbero quindi i possibili rimedi? Gli studiosi australiani si impegnano a continuare la propria ricerca, operando una mappatura della distribuzione della taglia e del peso delle particelle di plastica derivate dai rifiuti e definendo il modo in cui le microplastiche ingerite interferiscano con la nostra salute ( per esempio verificando come le particelle riescano a spostarsi nei tessuti animali).

Il nostro ruolo, da cittadini del Mondo, è comunque molto importante: dobbiamo cercare di contenere il consumo della plastica il più possibile.

Ludovica Beatrice Chiango

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