by fastadmin | 14 Luglio 2024 22:36
Roma – L’autonomia differenziata è destinata a diventare – per i prossimi mesi – il tema centrale del dibattito politico, dopo l’approvazione della riforma da parte del Parlamento, al termine di uno scontro molto duro tra le forze politiche.
Il fronte è ancora “fumante” e nettamente spaccato – come ai tempi di Dante – tra “Guelfi” e “Ghibellini”. In particolare, tra quanti affermano con “religiosa” convinzione che si tratti dell’unico modo per efficientare il sistema istituzionale con risposte più vicine ai territori e chi – in maniera altrettanto “fondamentalista” – ritiene che siamo vicini a spaccare il Paese. All’orizzonte si stanno già serrando le file per promuovere il referendum abrogativo.
Cosa stabilisce il disegno di legge?
Come sempre la verità sta nel mezzo tra i due estremi che il confronto tra tifoserie, piuttosto che tra gruppi politici, rende difficile da distinguere.
Il disegno di legge stabilisce che le Regioni che lo richiedono – quelle che desiderano farlo – possano acquisire, dopo un negoziato con il governo centrale, alcune delle competenze che fino a questo momento sono prerogativa dello Stato. In totale le materie che possono essere affidate alle Regioni sono 23.
LE POSIZIONI POLITICHE
Le opposizioni, ad esempio, in massima parte di sinistra, che oggi si “stracciano le vesti”, nel 2001 furono protagoniste della riforma del Titolo V della Costituzione che introduceva – tra l ‘altro – il principio dell’autonomia differenziata. Nel tempo, poi, diversi governatori “rossi” hanno chiesto ripetutamente più poteri e competenze proprio in forza della riforma fino ad oggi mai applicata pienamente.
Nel 2019 a chiedere più autonomia per la Regione Campania, fu lo stesso governatore De Luca, oggi tra i maggiori protagonisti della “Crociata” contro il provvedimento.
Il rischio, dall’altra parte, è che la riforma licenziata possa rappresentare semplicemente un baratto politico – all’interno della stessa maggioranza – per consentire la realizzazione di un vecchio progetto della Lega, che in origine teorizzava addirittura la secessione, in cambio di un’ altra riforma, quella del premierato, tanto cara al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
I TIMORI SULL’AUTOMIA DIFFERENZIATA
E’ evidente, dall’altra parte, che l’autonomia differenziata sottende anche pericoli che non vanno sottovalutati che rischiano di acuire le differenze tra le varie parti del Paese, a tutto svantaggio delle regioni del Sud che – come è stato dimostrato – all’indomani dell’introduzione del federalismo fiscale hanno ricevuto molto meno risorse di quelle del nord, visto che il principio è stato sempre quello della spesa storica, piuttosto che quello basato sui fabbisogni reali. E questo è accaduto anche nel colpevole silenzio degli esponenti politici meridionali dei vari governi che si sono succeduti.
PRO E CONTRO: LE VARIE POSIZIONI
Chi è a favore dell’autonomia differenziata, sostiene che trattenere la gran parte del gettito fiscale si traduca automaticamente in una maggiore efficienza nella fornitura di servizi per i propri cittadini. In sostanza, l’autonomia avvicinerebbe “i centri di spesa
I contrari invece, sostengono come l’autonomia differenziata comporti necessariamente una sottrazione di ingenti risorse alla collettività nazionale e la disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche,[1] che per il loro ruolo nel funzionamento del sistema paese dovrebbero avere necessariamente una struttura unitaria e a dimensione nazionale.
La sottrazione del gettito fiscale alla redistribuzione su tutti i territori violerebbe poi il principio di solidarietà economica e sociale contenuto in Costituzione, andando a aumentare le disuguaglianze tra Nord e Sud, con un conseguente crollo sociale ed economico dei territori più svantaggiati che potrebbe mettere facilmente in crisi l’intera Italia.
Anche dal mondo del lavoro e dell’impresa i timori non mancano
Il Segretario Generale della Cisl, Luigi Sbarra, seppur non contrario a priori, evidenzia la necessità di una profonda riflessione nel superamento del concetto di spesa storica e la previsione di un concreto fondo di perequazione.
“L’autonomia differenziata per Cisl può essere uno strumento positivo se rafforza l’unità e la coesione nazionale. Può essere un’ opportunità se assicura diritti di cittadinanza ad ogni latitudine in questo Paese. Un bambino di Palermo deve avere gli stessi diritti sociali di uno di Bergamo, in termini di sanità, scuola, trasporti, previdenza. L’autonomia differenziata deve preventivamente e anticipatamente finanziare i LEP (Livelli essenziali di prestazione), deve assicurare un fondo di perequazione per sostenere le regioni in difficoltà. Deve inoltre superare il concetto di spesa storica e ragionare di fabbisogni standard”.
La Conf PMI ITALIA evidenzia una posizione maggiormente negativa e preoccupata
“Siamo molto preoccupati – afferma Tommaso Cerciello, Presidente Nazionale Confederale della Conf PMI ITALIA – per gli effetti e le conseguenze che questa riforma potrà produrre. La stessa provocherà una pericolosa spaccatura nel Paese svantaggiando ancor di più le aree in difficoltà, soprattutto quelle del meridione, già storicamente ai margini delle politiche nazionali. Del resto, non è un caso che anche diversi governatori del Sud – anche di centro destra – hanno apertamente manifestato perplessità e timori. A mancare è qualsiasi chiaro riferimento ad un fondo di perequazione per equilibrare le differenze territoriali e questo comporterà un’ evidente riduzione degli investimenti anche in infrastrutture con ricadute negative sulle nostre imprese. Come Conf PMI ITALIA – conclude Cerciello – daremo il nostro contributo per provare modificare l’impianto del provvedimento che mina il principio della solidarietà e dell’eguaglianza, creando situazioni di forte discrimine. Uno scenario che ci rende deboli anche nel rapporto con l’estero e per questo che siamo determinati a dire la nostra”.
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