Crisi occupazionale: uscire dalle false ideologie

by fastadmin | 5 Ottobre 2022 16:38

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Il lavoro non si trova? La crisi occupazionale stringe in una morsa il nostro Paese, rendendo incerto sia il futuro delle aziende, che dei dipendenti.

Per inquadrare bene il fenomeno e provare ad individuare delle soluzioni praticabili, occorre uscire dalle false ideologie con grande condivisione e un movimento consapevole e coeso per portare avanti i temi al di là delle sterili polemiche.

Le cause sono molteplici.
Se sulle dinamiche hanno inciso fortemente la pandemia e la crisi russo-ucraina, alcuni fenomeni come il “great resignation”, ovvero la fuga dal lavoro verso attività in grado di migliorare la qualità del proprio stile di vita, si contrappongono sia al bisogno delle aziende di contrastare la crisi energetica, che all’aumento dell’inflazione per riuscire a sostenere i salari.

In questa situazione il tema del lavoro è primario, ma deve essere contestualizzato per comprendere come poter intervenire, ottenendo riforme che possano riportare il Paese verso il benessere.

Come fronteggiare le difficoltà di aziende e lavoratori? In che modo è possibile trovare un punto d’incontro tra queste due realtà?

Ne parla Elena Matasaru, Consigliere Nazionale e Delegata per il Terzo Settore di Conf. PMI ITALIA – “Fintanto che resteremo ancorati a pregiudizi e stereotipi, non riusciremo a risolvere alcuna questione importante, ma continueremo solo a bisticciare come galli in un pollaio.”

Consigliere Nazionale, quale incidenza ha il contesto storico-sociale sulla crisi occupazionale? – “Periodicamente, spesso a scadenze programmate, si parla della crisi occupazionale; le aziende si lamentano della scarsità di maestranze da impiegare e i disoccupati di non trovare aziende che li assumano.

Sembra un paradosso. Sono due facce di una medaglia, due punti di partenza veri e faziosi allo stesso tempo.

La necessaria premessa è comunque proprio l’analisi del contesto, che vale per qualsiasi punto di vista e per ogni ragionamento successivo.

A mio parere, in questo Paese complesso, viviamo in un momento in cui vige troppa burocrazia, leggi superate, una politica inefficace e inefficiente, spesso incompetente o arrogante.

C’è poca predisposizione alla programmazione, giustizia ad personam spesso con tempi biblici.

Incertezze delle pene, un sistema mediatico di scarso valore professionale e connivente che sostiene tesi a comando, una stampa che spesso genera più conseguenze che sentenze.

Un’inadeguata cultura del lavoro aziendale, la carente predisposizione nel documentarsi prima di parlare o addirittura di legiferare, un ambiente sociale frammentato e delirante, preoccupato, stressato, schizofrenico, ignorante, frustrato e incattivito con il mondo intero.

Purtroppo esistono Opinion leader spenti e autoreferenziali. Gli esempi eccellenti sono rari.”

In che modo la responsabilità delle singole parti entrano in gioco? – “Premesso che tutto ciò di cui parlo può essere frutto di una mia opinione personale, credo che, in queste ed altre criticità, possa essere facile comprendere quanto il contesto incida sulle attività individuali, diventando il meno idoneo per raggiungere un miglioramento, un equilibrio delle posizioni, oppure una logica di valore condivisa e sostenibile, soprattutto nel lungo periodo.

In questo campo di battaglia, aziende e dipendenti si affrontano, rappresentando la dimensione di quanto sia tanto radicata, quanto anacronistica, la visione degli anni passati che vedeva in costante contrapposizione direzione e maestranze, imprenditori e lavoratori.

Sostengo con convinzione che gli elementi indispensabili per il successo aziendale, inteso come l’insieme di tutte le componenti e parti coinvolte, non sia da intendere con l’antagonismo all’interno di un comune progetto. Tutt’altro.

Il goal aziendale deve essere inteso come un successo condiviso e distribuito equamente tra tutte le parti coinvolte, in proporzione al beneficio che ognuno ha apportato al progetto.

Andiamo oltre. Gli Imprenditori e i dipendenti che fanno tutti parte della medesima specie, sono uomini con punti di forza e debolezza, pregi e difetti, buone intenzioni e meschinità.

Sono tutti bravi o onesti? Hanno tutti buone idee e le sanno mettere in pratica? Oppure sono tutti dei delinquenti… l’unica risposta concreta a questi quesiti è no.

Ci possiamo fidare e dobbiamo diffidare di tutti indistintamente? Ancora una volta, diciamo no.

La realtà è frammentata e disomogenea e la capacità di valutazione dipende da innumerevoli fattori.

Come vede il ruolo di quegli imprenditori che non valorizzano i propri dipendenti? – “A mio parere, quegli imprenditori che non hanno capito il valore e la forza di un ambiente coeso ed equilibrato, sia per la qualità della vita, sia per i risultati economici che può generare nel tempo e per l’eccezionale contributo che potrebbe portare al sistema esteso del quale facciamo tutti parte, andrebbero radiati dalla categoria.

Credo che chi sfrutta le persone, interne ed esterne alle aziende, nell’intento di ottenere risultati immediati e non di lungo periodo, dovrebbe essere messo al bando non solo dal sistema, ma soprattutto dagli omologhi.

Chi pensa in modo egoista, speculando su ogni cosa, porta discredito e differenze, contribuendo al fenomeno della crisi occupazionale”.

In che modo spiega alcuni fenomeni come il “Great resignation”? – “Non amo generalizzare; sicuramente, il fenomeno può portare beneficio a chi sa gestire consapevolmente le proprie risorse. Tuttavia, alcuni soggetti non ottengono un lavoro adeguato alle proprie esigenze perché, sin dall’inizio, si mettono in gioco solo a parole o nel modo sbagliato. Lo cercano nell’errata convinzione di non trovare nulla che sia adatto a loro.

Altri trovano un impiego, ma sono perennemente insoddisfatti di ciò che fanno.

Hanno sempre mille motivi o scuse per lamentarsi. Non riescono ad attribuire almeno una causa della propria insoddisfazione a sé stessi. Per loro le colpe sono sempre degli altri, del mondo cattivo, di qualcuno che li vuole annientare oppure… del meteorite caduto dal cielo.

Nella loro perenne negatività, nella migliore delle ipotesi sono come dei virus che generano conflitti e malumori. Nel resto dei casi, apportano danni irreparabili.

Infine, ci sono i professionisti della “sopravvivenza a modo loro”. Riescono a stare in un posto di lavoro succhiandone tutti i benefici possibili, senza generare una minima evidenza di valore. Per anni mettono in atto pseudo malattie professionali e fantomatici infortuni, spesso ottenendo risarcimenti e liquidazioni-estorsioni ai danni delle aziende, danneggiando non solo gli imprenditori, ma tutti i dipendenti onesti e lavoratori.

Per fortuna, non sono tutti così. Come dicevo inizialmente, sostengo che questa è solo una faccia della medaglia.

Guardando al futuro, verso chi possiamo rivolgere le nostre speranze? – “Le nostre speranze sono rivolte a quelle persone che hanno una “vision” più etica e sostenibile, che creano aziende dai valori non solo economici, ma anche relazionale-umano.

Alcuni imprenditori condividono un percorso e delle opportunità con persone che fanno parte della loro vita, diventando per i propri dipendenti veri e propri familiari.

Spesso, sono soli nelle decisioni. Soffrono quando le cose non vanno bene, sicché sentono una responsabilità personale e sociale.

Comprendendo che la crescita è funzionale e duratura solo se condivisa e sostenuta da solide basi; diventano esempi da imitare o, almeno, ricordare.

Ci sono persone serie, oneste, valide, che condividono “vision” e “mission” e, spesso, la creano nonostante lavorino in un ambiente arido o poco professionale.

Comprendono che le sorti aziendali corrispondono a quelle personali di ogni soggetto coinvolto.

Ragionano e agiscono, nel tentativo di migliorare sé stessi e tutto l’ambiente in cui lavorano.

Esistono persone che cercano di risolvere problemi, appianare conflitti. Condividono conoscenze e opportunità con i colleghi. Generano valore per l’azienda e tutto il sistema nel quale sono inseriti.

Rivestendo con competenza e dignità qualsiasi ruolo, troverebbero raramente difficoltà nel cambiare la propria posizione lavorativa, poiché spesso sono apprezzate per le loro doti umane e professionali.

In fondo, quale imprenditore non vorrebbe avere quegli illuminati nella propria realtà?

Determinare una percentuale per ognuna di queste categorie, pare un gioco inutile e complicato”.

Cosa suggerisce per poter uscire dalle criticità di questa situazione? – “L’unica cosa che possiamo fare tutti insieme per combattere la crisi occupazionale, con i rispettivi ruoli, è cercare di migliorare il contesto senza schieramenti.

Incessantemente bisogna evidenziare, condividere e premiare i comportamenti virtuosi.

Per farlo serve però molta onestà d’animo, coerenza e determinazione… perché il processo di miglioramento è lungo e complicato.

Il rischio di cedere può essere amplificato dal senso di solitudine: per questo serve grande condivisione e un movimento consapevole e coeso per portare avanti questi temi al di là delle sterili polemiche.”

Di Amb. Sara Butera

Scopri di più sul Consigliere Nazionale di Conf. PMI ITALIA Elena Matasaru:

http://www.confpmiitalia.it/web/content/organigramma[1]

http://www.confpmiitalia.it/web/content/dipartimento-del-terzo-settorehttps://piazzaffari.it/2022/09/20/chiesa-ortodossa-rumena/[2]

crisi occupazionale

crisi occupazionale: uscire dalle false ideologie

Endnotes:
  1. http://www.confpmiitalia.it/web/content/organigramma: http://www.confpmiitalia.it/web/content/organigramma
  2. http://www.confpmiitalia.it/web/content/dipartimento-del-terzo-settorehttps://piazzaffari.it/2022/09/20/chiesa-ortodossa-rumena/: http://www.confpmiitalia.it/web/content/dipartimento-del-terzo-settore

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