Coronavirus, lettera aperta di una professoressa al Papa

by fastadmin | 15 Aprile 2020 19:26

HTML.it.

professoressa Vita Lentini

Santo Padre , costretta dal coronavirus , quest’anno ho seguito la  via crucis  in televisione, poichè in genere la  seguo  in processione nella città dove trascorro la Pasqua.   Un’altra sola volta l’ho seguita in televisione, subito dopo la sua elezione ,  sette anni fa, quale successore al trono  di Pietro.

Ma devo confessarLe che  nel seguire le stazioni della via crucis , quest’anno ho pianto, si ho pianto, poichè  le meditazioni dei detenuti, nella casa circondariale di Padova, hanno toccato profondamente il mio animo, e come  me ,credo, tantissima altra gente ha avuto la stessa sensazione.

Mentre di solito  attendiamo la Pasqua,  quali  credenti certamente, ma come la festa  conviviale  per consumare  cene e pranzi in famiglia, coni  figli che rientrano da fuori per il ritrovo festivo, mi  sono accorta, invece, posto il periodo di  riflessione  a cui siamo costretti stando in casa , che Lei, Santità, ci ha fatto vivere il tempo quaresimale come profonda riflessione  dell’esistenza dell’uomo.

Si  quell’uomo , animale pensante , che   nel tempo  attuale della globalizzazione  è volto alla ricerca di un suo benessere terreno, dimenticando l’alto senso dell’etica, della morale , della fede , dell’essere uomo che ama incondizionatamente. Quell’ amore che muove il mondo, lo stesso amore che  ha indotto Gesù di Nazareth a dare la sua vita per redimerci  dai peccati.

E noi, di contro, siamo diventati un’umanità senza umanesimo,  una società egocentrica ed egoista che pensa solo a se stessa, pensa solo ad accumulare averi , pur sapendo che nulla è per sempre.

Trascurando ,invece,  il benessere di tanti fratelli che  soffrono la fame, l’indigenza, la solitudine, la libertà.  Tutte cose che hanno indotto molti  esseri umani  a divenire peccatori, come  i detenuti di Padova che con tanta semplicità ci hanno aperto il loro cuore ,nella notte del Venerdi’ Santo.

Ascoltare le loro storie , toccanti e commoventi, mi ha fatto pensare alle parole di J.J. Rousseau  , che nell’Emilio  enuncia :” nessuno nasce nel grembo materno delinquente, ma è la società che lo porta a delinquere”.

Sono stata sempre convinta di questa enunciazione  comportamentista, pur credendo in una componenete genetica dell’essere umano. Ciò per dire che spesso, molto spesso spinti dal nostro egoismo terreno  non riusciamo a vedere    la vera disperazione che alberga nel cuore dei nostri fratelli meno fortunati , che per tirare vanti la loro quotidianita’  commettono crimini, frutto talvolta della disperazione  che provano, perdendo di colpo tutto il senso  della vita ed il bene prezioso della libertà . Nelle loro meditazioni non ci sono scorciatoie, nelle parole   espresse nelle quattordici stazioni della Via Crucis , lette sul sagrato vuoto della Basilica di San Pietro, in questo Venerdì Santo, in cui il mondo intero soffre la passione della pandemia, ho percepito solo un grido straziante: la solitudine; una domanda di significato senza sconti,  tutto il dolore del mondo per il male commesso, per la violenza subìta, per la fatica di accompagnare chi fino alla fine dei suoi giorni resterà in una cella per pagare i propri errori.

In quelle parole c’è il mistero enorme che è l’uomo e con esso una società complice di queste malefatte, poichè , l’attuale società non pensa a chi ha bisogno, non pensa al dolore degli altri , ma è chiusa nell’ egoismo solitario di chi vuole accumulare ricchezze fini a se stesse.

Perchè vede, Santo Padre,  anche le strofe di Totò nella poesia, che proclama la morte “una livella” ,v’è una sacrosanta verità, dolente seppur cogente: tutti, proprio tutti moriremo, in ricchezza o in povertà, ma moriremo lasciando  i nostri averi terreni, ed allora mi chiedo, non sarebbe meglio, come figli di un Dio comune ,guardare  agli ultimi , anzichè soppraffare gli altri per accumulare?

Le sue omelie ,che ascolto ogni mattina nella  S.Messa  celebrata a Santa Marta , mi fanno  ben sperare che ,ascoltando le sue sante parole, i suoi moniti rivolti ai potenti, ai guerra fondai,  loro possano  modificare i   comportamenti  , le decisioni  e finalmente  mettere in pratica  gli insegnamenti di Cristo .

Vorrei tanto,  Santo Padre, incontrarla per poter attingere alla sua pedagogia sociale, in modo da  attivare una pedagogia rinnovata ,nell’educazione dei giovani che ci sono affidati, (sono una preside di un Istituto tecnico aeronautico di un piccolo paesino della Calabria: Villapiana, in provincia di Cosenza, vicino a Cassano allo Jonio che lei ha visitato tempo fa).  Mettere in pratica  comportamenti per le giovani generazioni , per  insegnar loro che la vita non va sprecata , ma va impreziosita attraverso i saperi della storia che ci ha preceduti . Insegnargli a  far tesoro delle conquiste dei nostri padri. Far capire loro che  non  serve  attivare meccanismi destrutturanti dell’essere umano, ma  serve applicare le conquiste della scienza e della tecnica  per  salvaguardare le nostre vite e   la terra , nosta madre.

Aver chiesto , alla cappellana della Casa di reclusione “Due Palazzi” di Padova, di meditare sulla Passione, certamente aiutati da qualcuno   nel raccontare in maniera magistrale le loro storie dolorose,  è stata un’idea  illuminante , facendoci vivere  i protagonisti come  i personaggi di un romanzo di Dostoevskij.

Sapendo che  ,  invece, sono reali: padri, madri, figli, assassini, vittime, traditori e innocenti feriti che hanno  raccontato  i loro  dolori, perché in carcere hanno incontrato chi ha saputo “riconoscere la persona nascosta dietro la colpa commessa”, come dice il magistrato di sorveglianza alla dodicesima stazione. “Sono queste le creature sospese che mi vengono affidate: degli uomini inermi, esasperati nella loro fragilità, spesso privi del necessario per comprendere il male commesso”.       Lo stesso  cardinale Angelo Scola ,  ha ricordato , riflettendo su queste pagine qualche settimana fa ,  come in Delitto e castigo il protagonista Raskolnikov arriva a sentire il perdono su di sé ed è pronto a ricominciare dopo che il rimorso gli ha fatto ammettere la propria colpa e l’amore e la fede di Sonja gli hanno fatto capire la necessità del castigo, il deserto del carcere da attraversare lontano da lei, fino alla “resa” di fronte all’evidenza del bene di quella ragazza che lo “recupera”.

Molti  di noi, pensando alle storie vissute da tanti uomini e donne sofferenti e pentiti, potremo  ripensare  le nostre  vite  scommettendo sulla educazione sociale e puntando su un’istruzione che guarda al  lavoro,all’ arte,alla  cultura ed alla religione, come fondamento portante del nostro essere .

L’uomo ,che ancora molti non conosciamo, ma che invece,  esercitando l’esperienza di un grande amore, il corpo a corpo di ognuno con il dolore e la colpa  di un altro ,può essere visto con luce nuova. Anche se vi è una società che sta andando a pezzi, come dice il magistrato della dodicesima stazione “è necessario che l’uomo espii il male che ha commesso, allora tutto può  cambiare . L’assassino di una notte ringrazia perché “ha trovato gente che gli  ha ridato la fiducia perduta”; un altro detenuto sogna “di tornare un giorno a fidarsi dell’uomo” e di aiutare altri a portare la loro croce, come è successo a lui.

Ma “se qualcuno gli stringerà la mano, l’uomo che è stato capace del crimine più orrendo potrà essere il protagonista della risurrezione più inattesa”.

Ed allora dico se i nostri potenti della terra  guardassero ai meno fortunati , si sciogliessero dai gioghi dell’avidità personale , si potrebbe costruire un mondo migliore.

Concludo, Santità professandomi ,con profondo rispetto, la  serva   sua più umile ed obbediente  e sarei molto felice  se potesse avvenire una visita Pastorale nella nostra Cosenza, abbandonata alla sua povertà economica e spirituale.

Professoressa Vita Lentini                                       Cosenza  -88100

 

Source URL: https://piazzaffari.it/2020/04/15/coronavirus-lettera-aperta-di-una-professoressa-al-papa/