L’appalto a Corpo la (S)fortuna dell’impresa: occorre maggior chiarezza da parte del legislatore ed una modifica della norma

by fastadmin | 4 Aprile 2020 16:23

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L’art. 59 del codice dei contratti  prevede che “per le prestazioni a corpo di un appalto, il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione” di un dato lavoro.  In sostanza il legislatore nell’emanare questa disciplina ha inteso regolare l’intervento rispetto a delle opere che per natura non possano essere divise in entità quantificabili e quindi necessariamente accorpate in un unico blocco lavorativo, con una somma omnicomprensiva messa a disposizione. L’intento è chiaro, poiché in passato non poche controversie erano nate tra stazioni appaltanti e imprese sul modo di affrontare una data lavorazione, basti pensare a quelle di demolizione, e/o di nuove costruzioni che non fossero regolate nei prezzari pubblici.

Di qui, però, ne nasce un nuovo modo di vedere la commessa: non poche volte, infatti, si è ricorso all’appalto a “corpo”, quando in una determinata attività non vi era la possibilità di scorporarla. Questa attività di base, prevede, però, che il lavoro sia ben conosciuto, e che se anche le categorie non fossero ben descritte e quantificate, l’impresa abbia comunque le necessarie informazioni per poter formulare la propria offerta e quindi giocarsi le proprie carte per aggiudicarsi la gara.

Ma cosa succede se questa attività preventiva non fosse fatta in modo regolare, o diciamo in modo un po’ superficiale, dall’amministrazione che indice una gara?

La cosa può accadere, anzi accade di sovente, poiché le amministrazioni di solito sono dotate di personale sottodimensionato e quindi non riescono ad analizzare con attenzione quella che è la reale miglior commessa da appaltare, ed in fase di elaborazione del progetto, emergono inevitabilmente degli errori.  In tal caso, come deve comportarsi l’imprenditore? Una buona consuetudine imporrebbe che durante la fase di analisi dell’offerta in gara vi fosse uno studio approfondito della commessa pubblicata. E questo non sempre avviene, perché l’impresa è spesso impegnata su più appalti. Anzi non di rado, l’impresa che si aggiudica un lavoro a corpo, immaginando per una data opera di dover spendere una certa quota del proprio capitale e trarne un determinato profitto, a causa delle incongruenze  sopra descritte si ritrova addirittura con delle perdite.

L’appalto a corpo non prevede la possibilità di poter discutere con la stazione appaltante delle anomalie del lavoro, così come delle circostanze non previste, essendo state predisposte delle somme ben precise che tali restano. In pochissimi casi, qualche sentenza ha dato ragione all’appaltatore nel ribaltamento di tale principio, ma di norma non accade.

Essendo un lavoro a forfait, non per forza legato ad un quantitativo, sempre più Stazioni appaltanti si affidano alla formula dell’appalto a corpo, mettendosi, preventivamente al riparo, in questo modo, da eventuali condanne a pagare quantitativi differenti.

La qual cosa che sta inducendo molte imprese a non concorrere in presenza di un appalto a corpo. Il legislatore dovrebbe, dunque, rimettere mano al codice degli appalti e dare una nuova chiave di lettura dell’art. 59 limitando le Stazioni Appaltanti nel ricorso dell’appalto a corpo solo quando l’opera non è scorporabile effettivamente o non quantificabile a misura, altrimenti dovrebbe consentire all’impresa di poter ricevere un compenso suppletivo in caso di errore certificato

 

di Alessandro Pepe

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