by fastadmin | 10 Marzo 2020 15:48
La diffusione del Coronavirus COVID-19 rischia di contagiare l’economia nazionale e produrre effetti ancor più dannosi e letali di quelli prodotti dal suddetto virus in ambito strettamente sanitario. Infatti, la diffusone del contagio e l’adozione delle misure restrittive alla libera circolazione delle persone e delle merci, giustificata dalla legittima tutela del diritto alla salute (sul punto vedasi: DPCM 08/3/2020), sta già comportando un aumento del rischio da c.d. inadempimento contrattuale da parte di quelle imprese italiane e da parte di quei consumatori che hanno assunto, in buona fede, delle obbligazioni commerciali rispetto alle quali l’epidemia sembrerebbe avere effetti sospensivi o addirittura estintivi rispetto all’adempimento delle prestazioni, con ripercussioni drammatiche sui livelli occupazionali e sul tenore di vita futuro dei cittadini. In materia di obbligazioni, i parametri normativi di riferimento sono rappresentati dall’art. 1175, 1218 e 1256 del codice civile i quali, sinteticamente, prevedono: 1) che le parti di un’obbligazione (ad es. le parti di un contratto) devono comportarsi secondo correttezza e buona fede (art. 1175 cc); 2) che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.); 3) che l’obbligazione si estingue senza conseguenze risarcitorie quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile oppure, se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore non è responsabile del ritardo nell’adempimento finché perdura la causa non imputabile (art. 1256 c.c.). Premesso quanto sopra, il debitore di un’obbligazione non può addurre a propria scusante qualsiasi tipo di difficoltà per esimersi dall’adempimento della propria prestazione in quanto, in virtù del principio della buona fede e correttezza, lo stesso è tenuto ad adoperarsi per superare le difficoltà del caso atteso che, per superare la presunzione di responsabilità da inadempimento posta a suo carico, deve provare che la mancata esecuzione della propria prestazione sia dipesa da “causa a lui non imputabile”, ossia “da fattori a lui estranei che non siano riconducibili ad un difetto di diligenza che il debitore è tenuto ad osservare per porsi nelle condizioni di poter adempiere e, d’altro canto, siano tali che alle relative conseguenze il debitore non possa con eguale diligenza porre riparo” (Cass. Civ., Sez. II, 08/11/2002 n. 15712). Nel caso di contratti a prestazioni corrispettive (come ad es. la compravendita di beni, servizi turistici, servizi di ristorazione, spettacoli ed eventi sportivi, ecc.) entrambe le parti contrattuali assumono contemporaneamente la posizione di creditore e debitore (ad esempio: – in un contratto di 2 vendita di bomboniere per eventi il negoziante assume l’obbligo di consegnare le bomboniere al cliente ed il diritto di esigere il prezzo di tali beni mentre il cliente-consumatore assume l’obbligo di pagare il prezzo al negoziante ed il diritto di ricevere le bomboniere, ecc.) ragion per cui, qualora una parte si rifiuti di adempiere la propria prestazione, sorgono delle difficoltà sul piano pratico per comprendere se tale comportamento configuri un’ipotesi d’inadempimento colpevole (con il consequenziale obbligo di risarcire la controparte che offre di eseguire la propria controprestazione oppure l’abbia già eseguita) ovvero configuri un’ipotesi d’inadempimento derivante da causa non imputabile (che comporta la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione ex art. 1463 c.c., con la consequenziale liberazione dall’obbligo di adempiere le obbligazioni reciproche senza conseguenze risarcitorie). “Gli ordini ed i divieti dell’autorità legislativa ed amministrativa” di eseguire l’obbligazione dovuta (es. ordinanza di chiusura di scuola privata) sicuramente liberano il debitore dall’obbligo di adempiere la propria prestazione, in quanto rappresentano ipotesi d’inadempimento derivante da causa non imputabile, con la conseguenza che entrambe le parti del contratto sono liberate dall’adempimento della propria prestazione (pertanto: la scuola privata non sarà tenuta ad offrire i propri servizi all’alunno ed i genitori dell’alunno non saranno tenuti al pagamento della retta nel periodo in cui non verrà svolto il servizio). Se l’impossibilità della prestazione è solo temporanea, il debitore non risponde del ritardo dell’inadempimento ma, tuttavia, cessata la suddetta impossibilità dovrà sempre eseguire la prestazione indipendentemente da un suo diverso interesse economico, che potrà far valere sotto il profilo dell’eccessiva onerosità sopravvenuta. In riferimento “agli ordini ed i divieti dell’autorità legislativa ed amministrativa” derivanti dal contagio da COVID-19 è opportuno segnalare che il D.L. n. 9 del 02/03/2020 ha disciplinato, mediante l’art. 28, la materia dei contratti di trasporto aereo, ferroviario e marittimo, nella acque interne e terrestri, stipulati: a) dai soggetti nei confronti dei quali è stata disposta la quarantena ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell’autorità sanitaria competente, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi in questo periodo; b) dai soggetti residenti, domiciliati o destinatari di un provvedimento di divieto di allontanamento nelle aree interessate dal contagio, ossia nelle zone rosse, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi durante questo periodo di divieto; c) dai soggetti risultati positivi al virus COVID-19 per i quali è disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi in questo periodo di permanenza, quarantena o ricovero; d) dai soggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con partenza o arrivo nelle aree interessate dal contagio, ossia nelle zone rosse, con riguardo ai contratti 3 di trasporto da eseguirsi in questo periodo; e) dai soggetti che hanno programmato la partecipazione a concorsi pubblici o procedure di selezione pubblica, a manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, a eventi e a ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico, annullati, sospesi o rinviati dalle autorità competenti, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel periodo di efficacia dei predetti provvedimenti; f) dai soggetti intestatari di titolo di viaggio, acquistati in Italia, avente come destinazione Stati esteri, dove sia impedito o vietato lo sbarco, l’approdo o l’arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da COVID-19. Ebbene, solo ed esclusivamente nelle ipotesi sopraindicate è prevista la possibilità di richiedere il rimborso del biglietto entro trenta giorni (sulla decorrenza del termine vedasi: art. 28 D.L. 9/2020), allegando il titolo di viaggio, con diritto di ottenere la restituzione del prezzo corrisposto oppure un voucher da utilizzare entro un anno dall’emissione (diritto applicabile anche alle ipotesi di acquisto di pacchetti turistici). A parere dello scrivente “gli ordini ed i divieti dell’autorità legislativa ed amministrativa” non rappresentano esimente per l’imprenditore quando la misura restrittiva si riferisce ad un componente della filiera (cd supply chain). Così, ad esempio, l’indisponibilità della componentistica di ferramenta di manifattura cinese, se da un lato esonera l’impresa cinese dall’obbligo di consegna del materiale ad un mobilificio italiano, stante l’impossibilità di garantire la produzione perché lo stabilimento trovasi in aree coinvolte dalla quarantena per il coronavirus, non può impedire la consegna di mobili al consumatore finale, in quanto il mobilificio italiano potrebbe procurarsi la medesima componentistica utilizzando l’ordinaria diligenza, ossia rivolgendosi a fornitori di nazionalità diversa. Sempre a parere dello scrivente, la disdetta di un evento determinata dal mero stato di paura e preoccupazione non esime il consumatore dall’obbligo di eseguire la prestazione derivante dal contratto precedentemente stipulato. Così, ad esempio, in caso di annullamento della data fissata per il battesimo o per la comunione il consumatore ha comunque l’obbligo di pagare al rivenditore il corrispettivo relativo all’acquisto delle bomboniere precedentemente ordinate, non potendo invocare l’esimente della causa non imputabile. La sospensione unilaterale del rapporto di lavoro su iniziativa del datore è giustificata ed esonera lo stesso dall’obbligo di pagamento della retribuzione, ai sensi degli artt. 1218 e 1256 c.c., solo quando non sia imputabile a fatto dello stesso, non sia prevedibile ed evitabile e non sia riferibile a carenze di programmazione o di organizzazione aziendali ovvero a contingenti di difficoltà di mercato (Cass. Civ., Sez. Lav., 22/10/1999 n. 11916). Così, ad esempio, in caso di 4 emergenza da contagio di Coronavirus ed in assenza di ordine di chiusura dello stabilimento disposta dall’Autorità, il datore può continuare ad assicurare i livelli di produzione standard attraverso l’utilizzo dell’ordinaria diligenza, consistente nella riduzione della presenza sul posto di lavoro a quelle unità strettamente necessarie e consistente nell’incentivo temporaneo a forme di lavoro agile come il cd telelavoro (peraltro disposto per ogni tipo di rapporto subordinato dall’art. 2 lett. r DPCM 08/03/2020), al fine di evitare affollamenti sul posto di lavoro e maggiori possibilità di contagio. Sempre in riferimento alle obbligazioni,si rappresenta che il contagio da coronavirus presenta delle problematiche sul piano operativo non solo nell’ipotesi in cui una delle parti non adempia la propria prestazione ma anche nell’ipotesi in cui una delle pari offra di eseguire la propria prestazione a delle condizioni eccessivamente onerose, rispetto a quelle inizialmente pattuite e praticate. Tale situazione non può mai verificarsi nei contratti ad affetti istantanei (come il contratto di compravendita) ma solo nei contratti ad esecuzioni continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita (come ad esempio il contratto di fornitura continuativa di materiali), in cui è prevista la possibilità per la parte di richiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, ai sensi dell’art. 1467 c.c., se la prestazione dell’altra parte è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di eventi straordinari ed imprevedibili. A fini della risoluzione, la norma richiede che la prestazione sia diventata eccessivamente onerosa per effetto di eventi straordinari (ossia eccezionali) ed imprevedibili (ossia che i contraenti non avessero messo in conto in base alle loro conoscenze ed esperienze) e richiede ancora che l’onerosità vada oltre quell’alea che superi la normale tollerabilità. In conclusione, gli effetti giuridici del COVID-19 sui contratti stipulati da imprese e consumatori nazionali dovranno essere valutati caso per caso tenendo conto di una pluralità di fattori tra cui, a titolo esemplificativo: – l’applicabilità o meno della legge italiana alla singola fattispecie; – i fatti che hanno determinato il ritardo dell’adempimento oppure l’inadempimento; – l’assenza di rimedi alternativi; – le clausole contrattuali. Proprio al fine di evitare contestazioni, è opportuno che i contratti vengano redatti in modo puntuale e preciso, attraverso una specifica regolamentazione delle situazione che possono crearsi in caso d’inadempimento oppure in caso di ritardo nell’adempimento di una delle parti.
Avv. Gerardo Marano
Patrocinante in Cassazione
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