by fastadmin | 26 Giugno 2019 17:25
Nola – C’ è una stretta relazione tra la Festa dei Gigli ed il ragù: il denominatore comune è il movimento. Così come la salsa di pomodoro con il suo carico di carne sale e scende nella pentola, allo stesso modo, il Giglio vibra in cielo per poi ricadere, grazie alla forza delle spalle dei cullatori. A sostenerlo è Luciano Pignataro, noto giornalista gastronomico, che a latere di un recente convegno tenutosi a Nola, presso il Museo archeologico, ha tessuto le lodi di un piatto straordinario che oggi è divenuto una sorta di prelibatezza d’elite, ma che in realtà ha origini molto povere. Il vero significato del ragù, infatti, era quello di condividere pochi pezzi di carne con quante più persone possibili, facendolo “consumare” nel pomodoro.
Secondo le cronache, per tutta la prima parte del novecento, fino alla fine degli anni settanta, i cullatori, cioè i componenti della paranza, addetti al trasporto delle macchine da Festa, i Gigli e la Barca, concluso il percorso mattutino della Festa, dopo la benedizione del vescovo, nei pressi degli obelischi, pranzavano con la classica “marenn”, ovvero sia, con pane tradizionale svuotato della mollica e farcita all’interno con la classica braciola, e cioè carne arrotolata cotta per ore nel sugo di pomodoro. Una tradizione, questa, che è stata rivalutata, tra le tante altre iniziative messe in campo, dalla cooperativa guidata Giovanni Trinchese, Eccellenze nolane.
Nei giorni scorsi, questa vera vera squisitezza della gastronomia, il Ragù del Cullatore, è stata celebrata con un evento. La pietanza è stata preparata con l’utilizzo dell’Antico Pomodoro di Napoli, varietà tradizionale locale coltivata da Eccellenze Nolane in terreni tra Camposano e Cimitile, grazie all’impiego di semi autoctoni.
Per sottolineare la valenza culturale di un piatto in cui si fondono agricoltura, sostenibilità ambientale, capacità culinaria e tradizioni ultracentenarie, la presentazione del piatto, alla presenza di illustri ospiti, è avvenuta negli spazi del Museo Archeologico di Nola.
La Cooperativa Eccellenze Nolane, custode di semi antichi, ha stipulato con il Polo Museale della Campania, una convenzione “per la diffusione, la conoscenza e la promozione del patrimonio culturale, paesaggistico, enogastronomico ed etnoantropologico e la produzione agricola ecosostenibile mediante l’utilizzo di antiche varietà autoctone”.
Basato su accurati studi scientifici, grazie alla collaborazione di ricercatori e agronomi, il piano complessivo di “Agricoltura Eubiotica” di Eccellenze Nolane è partito dalla necessità di recuperare terreni troppo sfruttati e di risanarli.
“Abbiamo fatto solo una concimazione organica – sottolinea Giovanni Trinchese –senza l’utilizzo di alcun diserbante o fertilizzante chimico che avrebbe ucciso i microrganismi buoni”.
L’obiettivo è stato raggiunto: oggi quei terreni sono fertili, come solo quelli del Vesuviano possono essere. Pronti a far nascere specialità autoctone dell’Agro-Nolano che sembravano del tutto scomparse. Oltre le coltivazioni dell’Antico pomodoro di Napoli (che porta il nome scientifico “Smec 20”) e di zucchine San Pasquale, i soci di Eccellenze Nolane stanno seminando, tra gli altri semi autoctoni, le papaccelle, la zucca napoletana lunga, la melanzana a grappolo, la cima di viola e la tonda di Scafati.
Quanti volessero assaggiare i sapori di questi prodotti assolutamente naturali e a kilometri zero, possono recarsi all'”Agriturismo di città”, gestito proprio dalla cooperativa di Eccellenze nolane, in via Mario De Sena. Per tutti sarà una straordinaria esperienza gastronomica guidata dall’esperienza dello chef Giuseppe Fasulo.
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