Il mare, fonte potabile del futuro. Al Politecnico di Torino allo studio nuovo prototipo per la dissalazione dell’acqua

by fastadmin | 9 Gennaio 2019 17:37

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Torino – Una delle tematiche di maggiore rilevanza negli ultimi anni riguarda la carenza dell’acqua potabile: si prevede infatti che entro il 2050 vi sarà un forte aumento della domanda, che crescerà del 50%.

Già nel 1920 per la prima volta una giovane ragazza ventenne, Maria Telkes, inventò un marchingegno capace di rendere potabile l’acqua di mare. Più di novanta anni fa si iniziava già a parlare di distillazione solare, ovvero la produzione di acqua dolce con l’ausilio dell’energia solare. Il sistema prevedeva di versare l’acqua salina in un contenitore dotato di una lastra esterna in vetro trasparente che, messo al sole, faceva in modo che l’acqua contenuta al suo interno venisse depurata. A distanza di anni questa problematica continua a riguardare numerose zone del mondo, alcune delle quali vanno incontro ad una vera e propria emergenza; è da questa esigenza che nasce la necessità di una messa a punto di sistemi innovativi per la produzione di acqua potabile, un esempio sono gli impianti di dissalazione, ossia impianti in cui si effettua un trattamento sulle acque del mare per renderle potabili. Tutti i metodi finora utilizzati sono stati molto costosi, infatti per rimuovere il sale dall’acqua di mare è richiesta una quantità di energia da 10 a 100 volte maggiore a quella normalmente necessaria per il rifornimento di acqua dolce da fiumi o pozzi. Per stimolare la ricerca verso tecnologie più convenienti dal punto di vista economico è stato istituito anche il premio Desal, promosso dall’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (USAID) e il Bureau of Reclamation (USBR), in collaborazione con l’Agenzia svedese per la cooperazione internazionale allo sviluppo e il Ministero degli Affari esteri dei Paesi Bassi.

Il vincitore di questa edizione è stato il sistema fotovoltaico ad elettrodialisi inversa progettato dal MIT (Massachusetts Institute of Technology, USA) e dall’azienda Jain Irrigation Systems. L’impianto consiste in una macchina per elettrodialisi alimentata con l’energia fornita da pannelli solari; il funzionamento si basa sul fatto che il sale presente in acqua è costituito da ioni positivi e negativi, per cui è sufficiente far passare la corrente d’acqua tra due elettrodi caricati in maniera opposta per attirare gli ioni su di essi ed ottenere una corrente d’acqua dolce. Tale corrente viene poi disinfettata con raggi ultravioletti. Con questo sistema il recupero di acqua è molto elevato: fino al 90% e inoltre è in grado di rimuovere, insieme al sale, anche altre sostanze chimiche, come pesticidi, fertilizzanti, microrganismi e calcare. Questo sistema, capace di abbattere notevolmente i costi di dissalazione, è stato anche testato in New Mexico depurando in 24 ore ben 7.950 litri di acqua!

L’Italia è altresì partecipe a queste ricerche infatti alcuni ingegneri del Dipartimento Energia del Politecnico di Torino hanno ideato un nuovo prototipo per la dissalazione dell’acqua di mare in modo sostenibile e a basso costo utilizzando l’energia solare. Tale tecnologia è in grado di raddoppiare la quantità di acqua prodotta, a parità di energia solare utilizzata, rispetto alle tecnologie precedenti. L’idea nasce dall’osservazione ed emulazione della natura: gli ingegneri raccontano infatti di essersi ispirati alle piante, le quali trasportano l’acqua dalle radici alle foglie per capillarità e traspirazione. Il processo in sé è basato sull’utilizzo di un materiale poroso in grado di raccogliere l’acqua marina che viene in seguito riscaldata dall’energia solare, azionando un meccanismo di separazione del sale dall’acqua per evaporazione. L’innovazione consiste proprio nell’eliminazione di costose parti meccaniche o elettriche che richiedono elevati costi di installazione e manutenzione, andando ad eliminare uno dei principali problemi di questo di impianto.

Le caratteristiche di questo dispositivo sono particolarmente appetibili in regioni costiere che soffrono di una cronica scarsità di acqua e sono prive di infrastrutture centralizzate e investimenti.

L’impianto è stato anche testato per più di due anni nel mare della Liguria portando ad ottimi risultati, pertanto gli ingegneri del Politecnico sostengono che questa tecnologia potrebbe avere un impatto in molte località costiere ed anche in Paesi in via di sviluppo, ma non solo: un altro utilizzo potrebbe essere quello di fornire acqua a basso costo in situazioni di emergenza (inondazioni, tsunami..), oppure soluzioni innovative come orti galleggianti per la produzione di cibo.

di Ludovica Beatrice Chiango

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