by fastadmin | 6 Luglio 2018 19:29
Puntare sull’innovazione, in Italia, ha significato troppo a lungo puntare solo sullo sviluppo tecnologico dei processi produttivi e della ricerca industriale. Gli incentivi alle imprese degli ultimi anni, previsti dal piano Industria 4.0, hanno permesso a moltissime fra queste di investire in tecnologia e trasformazione digitale, tuttavia qualcosa ancora manca – forse più di qualcosa- per costruire un Paese che sia realmente innovatore e non succube di una economia digitale che pare schiacciare il mercato del lavoro causando la scomparsa di tantissimi lavori tradizionali.
La scommessa risiede tutta nella formazione di chi lavora, ad ogni livello, perché non ci può essere trasformazione digitale se chi si affaccia al mondo del lavoro, non è pronto a guidarla con competenze non solo tecniche e tecnologiche, quanto, soprattutto, con competenze trasversali.
I lavori del futuro prossimo venturo, che è già oggi, saranno “cross”, ovvero trasversali, tra più settori e le aziende dovranno puntare molto sulla formazione del capitale umano oltre che su ricerca e sviluppo.
Il nostro Paese deve tornare ad investire nella ricerca (al di sotto della media Ue, un quarto della Germania) universitaria, bisogna incentivarne il trasferimento tecnologico verso le aziende, incoraggiare gli imprenditori a comprendere meglio gli orizzonti, e perché no i contorni, dell’economia digitale, a capire che non basta assumere un digital manager per avviare percorsi di innovazione in azienda ma è necessario innanzitutto formare se stessi sulla cultura digitale e la cultura di impresa digitale. L’innovazione nelle imprese non può che essere un processo di rivoluzione copernicana che coinvolga tutti i settori e tutti coloro che vi lavorano. Per queste ragioni il cambiamento deve partire dall’apice dell’impresa e da una visione nuova di essa, alla luce della trasformazione digitale che la nostra economia sta attraversando non sempre indenne.
Da questa prospettiva il contratto di Governo sottoscritto dal Movimento 5 stelle esprime una certa sensibilità diretta alla costruzione di quella “Smart Nation” che, non vuol dire solo tecnologia, ma, come si accennava in precedenza, formazione e investimenti sulle persone, poiché è l’individuo che deve essere rimesso al centro dello sviluppo economico di questo Paese. Dovremmo, infatti, parlare non più di Industria 4.0 ma di Corporate 4.0, ovvero di un’impresa che possegga uno sguardo periferico: non solo, quindi, innovazione nei processi produttivi, ma formazione sull’innovazione delle persone che lavorano nelle aziende o che ci lavoreranno.
Se il Governo riuscirà a supportare questo processo vorrà dire che sarà stato in grado di lavorare affinché le imprese possano tornare ad investire, grazie alla semplificazione e agli sgravi fiscali, sulla formazione e sulla ricerca. Ma significa anche investire sulla riforma dei Centri per l’impiego in modo che diventino capaci di orientare e formare sulle professioni nuove e sull’impresa digitale, perché anche la cultura di impresa fa parte integrante della cultura del lavoro. Ed oggi, soprattutto oggi, non possiamo pensare di orientare i giovani, e non, al solo lavoro dipendente, bensì è auspicabile stimolare in loro nuovi scenari grazie all’autoimprenditorialità e al concetto di startup.
Un profondo ripensamento del sistema Italia attende questo Governo. Che dovrà immaginare un sistema unico di dialogo e confronto tra scuola, Università, Centri per l’impiego e imprese. Tenendo sempre presente come Stella polare l’innovazione da una parte e, dall’altra, una visione ampia sui possibili futuri di un Paese che nella creatività e nell’ingegno ha sempre trovato la sua strada e la sua unicità per innovare e cambiare il mondo.
F.to ON. Anna Laura ORRICO (Movimento 5 Stelle)
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